Economia-Teologia, il monito del Cardinale Sepe: «Dare un’anima all’economia»

Si è concluso da pochi minuti, presso l’aula magna della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, il convegno dedicato a Teologia – Economia – Lavoro, che ha radunato a Napoli illustri economisti e teologi, nonché esponenti del terzo settore e della società civile, per un fecondo confronto interdisciplinare su un tema notoriamente al centro dell’attenzione dell’attuale magistero pontificio.

«C’è un modello economico – ha commentato il gran cancelliere della Facoltà, l’arcivescovo di Napoli cardinale Crescenzio Sepe – che non ha basi: non ha basi etiche, non ha basi morali e si fonda solo sul profitto, sul profitto per il profitto. Quando un modello economico ha come visione non l’uomo, che è il centro dell’economia, ma solo il guadagno, allora è chiaro che è come una statua che si frantuma, con conseguenze gravissime che ricadono sulla società, sulle famiglie e sui lavoratori. Dopo che la storia moderna ha dimostrato la frantumazione di una economia senza speranza, ora è tempo di cambiare. E la Chiesa – attraverso la Dottrina Sociale, attraverso gli interventi di tutti i Papi, da Leone XIII ad oggi – è da sempre impegnata a dare un’anima all’economia per salvare l’economia stessa».

«Il modello economico – ha dichiarato il Vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino – deve certamente essere ridiscusso: il Papa ha voluto un grande convegno ad Assisi il prossimo anno, proprio per mettere in discussione questo modello. Ci sono delle cose evidentemente buone […], ma ci sono tante cose che devono essere riviste e discusse, perché è un dato di fatto: questo modello produce, o almeno non risolve, il problema della povertà e il problema della diseguaglianza. C’è uno scarto sociale, a livello mondiale, che non è compatibile con una visione umanistica e tanto più con una visione cristiana. Noi siamo qui oggi per mettere dei presupposti di teologia, dei presupposti di lettura generale, perché tutto questo discorso critico possa essere veramente puntuale ed efficace».

«Con questo convegno – ha evidenziato il preside della Facoltà, monsignor Gaetano Castello – abbiamo voluto che tra Teologia ed Economia ci fosse una reciproca sollecitazione. Per noi è necessario aprirci al confronto con altre discipline, che non entrano tra gli argomenti che trattiamo solitamente alla Facoltà Teologica, ma che hanno grandi riflessi, da una parte sulla comunità umana, dall’altra sulle questioni familiari più ampie, come la perdita del lavoro e le grandi crisi a cui abbiamo assistito. Quindi c’è dietro una concezione dell’uomo. Questo rapporto, tra una scienza che studia i meccanismi economici – che sembrano quasi intoccabili da un certo punto di vista – e la preoccupazione per la qualità della vita delle persone, ci porta ad interagire. Questa interazione tra Teologia ed Economia, di cui ci stiamo occupando ormai da tempo, mi sembra proficua per entrambi i campi e per tutte le discipline connesse a questi campi. Speriamo che il lavoro di oggi sia solo l’inizio di un rapporto che vada avanti con sempre maggiori intensità e frequenza».

«Il dialogo tra teologia ed economia – ha concluso il decano della sezione San Tommaso d’Aquino, don Francesco Asti – deve essere sempre più vivo e fecondo nelle nostre aule accademiche, perché è evidente quanto la vita degli esseri umani dipenda dai modelli economici e questi, a loro volta, dai paradigmi antropologici che li ispirano. La Teologia non può non occuparsi delle concrete e reali esigenze del popolo di Dio. Per questo, auspico la nascita di una vera e propria rete di comunicazione di saperi tra Teologia ed Economia, che magari possa dar vita presso la nostra Facoltà – perché no? – ad un corso di studi specialistici ispirato alla Laudato si’ di Papa Francesco».